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Convegno “Contrasto alla Camorra” per la XIV Ed. Concorso Int.le Totò

In occasione XIV Edizione del Concorso Internazionale Antonio de Curtis, Totò, organizzata dal Prof. Dr. Alberto De Marco, presidente dell’Associazione Amici di Totò… a prescindere! – Onlus e presentata dall’attore Angelo Blasetti, si è tenuto il convengo “Contrasto alla Camorra”, giovedì 15 dicembre presso la Sala Conferenze della Camera dei Deputati. L’incontro si è scandito in due parti: la prima caratterizzata dal dibattito sulla camorra; la seconda incentrata sulle premiazioni di personaggi autorevoli, impegnati in ambito culturale e sociale. Tra i premiati il Presidente Nazionale dell’Associazione MONDOCONSUMATORI, Dr. Salvatore Carluccio, che, oltre ad aver collaborato alla realizzazione dell’evento, ha per l’occasione ricevuto il “Premio Bontà” per l’infaticabile lavoro a sostegno e difesa del cittadino-consumatore, per il quale l’Associazione non smette mai di far valere i propri diritti, di cui quello fondamentale all’informazione e all’opera di sensibilizzazione, che viene attuata quotidianamente dall’intera struttura. Nel ringraziare il Presidente ricorda la citazione del filoso scrittore francese, Voltaire, secondo cui: Ai vivi si devono dei riguardi, ai morti si deve soltanto la verità“.

La camorra è un fenomeno che ha diviso Napoli in due parti, una città contro l’altra. Nei saggi viene descritta come un fattore culturale, da ciò si deduce la necessità di penetrare il messaggio di legalità attraverso i giovani nelle scuole”. Con queste parole il Dott. Piero Antonio Cau (Direttore Editoriale dell’Indipendente periodico e quotidiano online “Carabinieri d’Italia Magazine”) ha aperto il convengo, di cui è stato moderatore ed organizzatore. Citiamo solo alcuni degli interventi che hanno caratterizzato l’incontro.

ANDREA DELLA SELVA – PRESIDENTE DEL TRIBUNALE DI SANTA MARIA CAPUA VETERE

Il presidente del Tribunale di S. Maria Capua Vetere si presenta come figlio di terra di lavoro, qual è Caserta, e descrive la sua carriera trascorsa nei primi 20 anni nel centro – nord Italia e nei restanti 20 al Sud, dove ha scelto di rimanervi in virtù di quel rapporto di amore odio per la propria terra.

Durante l’intervento cita noti processi svolti nel Tribunale di S. Maria Capua Vetere, come quello sulla cosiddetta “strage di Castelvolturno”, durato circa 2 anni, o il “processo Spartacus” di ben 7 anni, da cui si sono succedute 626 udienze, 120 imputati alla sbarra, 21 assoluzioni e 22 ergastoli. “In definitiva si può parlare di ben 10 anni di malavita della camorra. portati al dibattito e le cui condanne in cassazione sono state confermate, dimostrando un notevole successo dello Stato”, rileva il Dott. Andrea Della Selva.

Le stesse catture dei capiclan si susseguono a ritmi sostenuti, come ricorda la recentissima di Michele Zagaria, latitante da ben 16 anni, trovato nascosto in un bunker sotterraneo, ricavato sotto alcuni metri di cemento armato, scavato in una villetta in via Mascagni, nel Casertano.

Il Presidente del Tribunale ammette che bisogna talvolta alzare la voce per farsi sentire in maniera forte altrimenti lo Stato non solo non interviene ma finisce per ridurre all’isolamento determinate realtà.

Cita poi la politica dissennata del CSM che privilegia la copertura dei posti vacanti delle grandi sedi a discapito dei tribunali limitrofi di provincia che faticano ad amministrare la giustizia, come nel caso specifico di S. Maria Capua Vetere, le cui sedi registrano ben 21 giudici in meno su 94. Da tale dato emergono delle difficoltà oggettive e strutturali che si sommano a quelle legate a territori già di per sé devastati dalla malavita.

A seguito del primo intervento, è stata trasmessa in video l’intervista al sindaco di Napoli.

INTERVISTA A LUIGI DE MAGISTRIS – SINDACO DI NAPOLI

Luigi De Magistris è divenuto magistrato all’età di 26 anni e da subito ha svolto la funzione giudiziaria, prima come sostituto procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Catanzaro; come PM a Napoli e poi di nuovo a Catanzaro. È stato a capo di inchieste importanti, come “Why not”, “Poseidone”, relative alla lotta contro la corruzione e la criminalità organizzata. È emerso in queste inchieste e nei suoi lunghi anni di esperienza giudiziaria che la forza della camorra, come della mafia e della ‘ndrangheta è sempre stata il forte legame con esponenti influenti della politica e delle istituzioni, linfa vitale per la crescita e lo sviluppo di queste organizzazioni criminali. Se tale connivenza venisse sradicata, si riuscirebbe almeno a ridurre il loro peso, ponendole al rango di organizzazioni criminali come altre. Obiettivo primario dovrebbe dunque essere quello di spezzare il legame tra politica e mafia, che come diceva Borsellino, hanno in comune il controllo e il consenso del territorio. Per opporsi in maniera attiva, bisogna stare vicino alle istituzioni e a quella politica che è in prima linea contro la camorra. Il sindaco di Napoli ha poi messo in evidenza l’impegno che il Comune come istituzione sta ponendo sul territorio per creare delle vere e proprie alternative sociali e culturali, in ragione del fatto che la camorra ha utilizzato in passato, come altro suo punto di forza, quei quartieri che si trovano in condizioni sociali e culturali molto disagiate. “Porre trasparenza nelle gare e nell’assegnazione degli appalti” – afferma De Magistris – in quanto la camorra, come la mafia, si sono nel tempo espanse da prendere il nome di organizzazioni imprenditrici o dei colletti bianchi; gli ultimi mafiosi svolgevano la professione di avvocato o di medico. Un esempio è Michele Zagaria che, pur non essendo particolarmente attrezzato culturalmente, rientra in quella camorra del III millennio, definita appunto imprenditrice e collusa con la politica. Il monito di De Magistris in vista del convegno “Contrasto alla camorra” è quello di non ridurre all’isolamento quei soggetti che contrastano in prima linea la criminalità organizzata che, di converso, utilizza a proprio favore questa carenza di tutela da parte delle istituzioni. Per evitare ciò – suggerisce – “è necessaria una grande mobilitazione istituzionale e civile contro tutte le organizzazioni criminali”.

ALESSIO LIBERATI – GIUDICE

Prende spunto dall’intervista al sindaco De Magistris, avendo egli stesso iniziato l’attività di magistrato che era alla sua prima esperienza, all’età di 28 anni. Il suo intervento è stato incentrato sulla descrizione accurata di come vivono i giudici in queste terre di criminalità, rimarcando a più riprese la condizione di isolamento e di difficoltà ambientale in cui si trovano. Secondo la sua descrizione, la media dei colleghi magistrati, la cui età è compresa tra i 35 e i 40 anni, si separa e si trova prematuramente con famiglie disastrate, per aver sacrificato le proprie energie allo Stato, dimostrando le forti difficoltà nel dedicarsi alla famiglia, di cui anche il senso di colpa, in non pochi casi, per aver fatto crescere i propri figli in città con forti disagi socio-culturali.

Nello specifico, avendo esperienza di magistrato a Locri, ricorda di non aver mai potuto frequentare palestre o stabilimenti balneari in quanto a capo di persone indagate per reati monocratici o addirittura impossibilitato a fare la spesa, a causa di ricettazioni di beni d’uso alimentare su tutti i supermercati di Locri.

Esiste un deficit di esperienza difficile da colmare per chi è giovane e si trova in terre in mano ad organizzazioni criminali. Nella sede distaccata del Tribunale di Locri, il giudice Liberati rende nota addirittura l’assenza di mezzi per operare, come il telefono, così da non avere a disposizione le banche dati e la possibilità di consultare giurisprudenza.

Il punto di riferimento dovrebbe essere il capo degli uffici, un presidente di sezione, ma alcuni sono collusi con il sistema della criminalità o addirittura alcuni si disinteressano o hanno una concezione molto legata al territorio, essendo originari del posto in cui operano. Ci sono dunque difficoltà ambientali molto serie. Se ci si oppone alla linea suggerita un capo dell’ufficio, si finisce per avere un giudizio negativo che va a ledere la crescita professionale di non pochi giudici o di poter incorrere in procedimenti disciplinari. In questa stessa condizione lavorano molte forze dell’ordine, tra cui si registrano addirittura molti suicidi perché non si hanno punti di riferimento.

In questi luoghi di criminalità, a volte, lo stato sembra essere assente o addirittura contro”, sostiene Liberati. “Non è solo un problema di luoghi ma anche di persone che vengono scelte dal CSM, le cui scelte sono spesso dettate da una componente politica che acquista un peso crescente maggiore piuttosto che dall’operare scelte meritocratiche che tengono conto di quella che è una valutazione obiettiva e reale”. Il problema più grosso della camorra, come delle altre criminalità organizzate del sud, è questa fusione e rapporto equivoco venutosi a creare tra criminalità ed istituzioni. Molte inchieste hanno proprio dimostrato che ci sono collusioni che passano per i servizi segreti o per la massoneria deviata. “Non si può non pensare – sostiene il giudice Liberati – che la camorra non investa prima di tutto sui politici, sui magistrati e sulle forze dell’ordine. Ed oggi un magistrato che prova a smascherare questi meccanismi perversi, in genere si trova di fronte a serie difficoltà, non riesce tra l’altro a fare carriera. Ci vorrebbe – conclude – una vigilanza, non solo dei magistrati, ma anche dei capi degli uffici”. In questi luoghi, a partire dalle più piccole cose, si ha continuamente l’idea di non avere riferimenti o appoggi. “Una giustizia che volutamente la politica lascia scoperta e isolata, tanto che alcuni magistrati si arrendono per non ledere la carriera o la famiglia e si limitano a fare sentenze in modo che il sistema vada sempre più verso un degrado della realtà giudiziaria, in cui il magistrato perde sempre più la propria forza”. La vera leva della criminalità organizzata nasce da questo stretto legame che instaura con le istituzioni e dalla possibilità di schiacciare in tutti i modi l’autorità giudiziaria, in cui si trovano inseriti molto spesso i giovani che, per quanto siano spinti da una forte motivazione, sono destinati a soccombere quando vogliono raggiungere delle mete che sono molto difficili.

Segue la proiezione del documentario “Le Morti Bianche. Gli Operai di Torino sono Diventati Invisibili”, dal testo del direttore del quotidiano “La Repubblica”, Dott. Ezio Mauro, sulla tragedia della Thissenkrupp .

DON ANIELLO MANGANIELLO – SACERDOTE DI SCAMPIA

Don Aniello, parroco di Scampia, promotore di fiaccolate nelle piazze di droga e sostenitore dell’anti-camorra delle opere, incentra il suo intervento riallacciandosi alla visione del documentario per ricordare quel giorno in cui sprofondò il quadrivio di Secondigliano per le fiamme che divamparono per ore, dalle 16 alle 22. Una tragedia che colpì un gruppo di operai che, maneggiando con la fiamma ossidrica, fecero saltare in aria il tubo del gas. Questo fu uno dei casi eclatanti delle holding criminali presenti negli appalti, una piaga che dilaga in tutto il Mezzogiorno, come nell’area nord di Napoli, dove gli operai, pur di guadagnare qualcosa, preferiscono lavorare anche in situazioni di totale insicurezza, senza rispettare le più elementari norme di tutela. “Si sa che i lavori eseguiti in condizioni di risparmio economico non consentono di utilizzare mezzi sicuri e non garantiscono alcuna sicurezza. La situazione attuale non è cambiata – fa notare don Aniello – anzi è peggiorata con l’avvento della crisi economica”. Come parroco di Scampia, tiene a mettere in evidenza che nel Meridione non si vive uno stato di democrazia, non c’è libertà e le vittime sono milioni di meridionali che vivono sotto le angherie e la prepotenza delle holding criminali. Solo nell’ultimo ventennio , con il “processo Spartacus”. si è iniziato a parlare dei Casalesi. “Cosa ha fatto lo Stato? Ha dato alloggio e abitazione definitiva a clan potenti che hanno un fatturato annuo di circa 31 miliardi di euro?” – commenta duramente don Aniello.

Se lo Stato non fa nulla, il solo contrasto delle forze dell’ordine non è sufficiente per contrastare un fenomeno così radicato. Bisogna esigere la risposta dalle istituzioni”, conclude il parroco di Scampia.

 

 

 

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